Il Carnevale e le sue maschere
Anche quest’anno il Carnevale è passato, portando con sé nelle nostre case i suoi colori, le sue prelibatezze e le sue tradizioni. Nelle famiglie italiane non sono mancate lasagne, chiacchiere, bugie, graffe e tutte le specialità culinarie tipiche di questa festa, ma non solo. All’arrivo del Carnevale le case e le strade si riempiono di colori, coriandoli, vestiti e maschere. Proprio le maschere sono il simbolo più importante del Carnevale, ma da dove nascono e qual è la loro funzione?
In Italia ogni regione ha almeno una sua maschera tipica, come Pulcinella a Napoli, Balanzone e Mirandolina in Emilia Romagna, Arlecchino in Lombardia, Rugantino nel Lazio, Pantalone e Colombina nel Veneto e tante altre. Venezia è una delle città italiane più famosa per i festeggiamenti del Carnevale, insieme a Viareggio e Putignano. Parate, danze e feste inondano come un fiume queste città, colorandole e trasformandole in veri e propri palcoscenici. E in effetti è proprio dal teatro che derivano molte maschere. Alcune nascono da tradizioni teatrali molto antiche, altre dalla Commedia dell’arte e altre, ancora, dal teatro dei burattini.
Ma perché si indossano le maschere a Carnevale? Le ipotesi sono diverse. Nella tradizione pagana, ci si mascherava durante i saturnali (da cui si è originato il Carnevale) per poter invertire i ruoli della gerarchia sociale almeno una volta all’anno: il povero poteva diventare ricco e vivere senza i limiti della società. Presso alcune popolazioni arcaiche, invece, le maschere servivano a far tornare sulla terra gli spiriti dei defunti, da cui ottenere benefici per il raccolto. Infine, in alcune culture si pensa che le maschere carnevalesche in origine allontanassero le tenebre e simboleggiassero l’addio all’inverno e il benvenuto alla primavera.
Insomma, dietro quelle maschere che indossiamo una volta all’anno si nascondono tante e tante storie.
Martina Ferrara